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giovedì 23 giugno 2011

Il seme e le spine dell'idolatria

E poi un'ulteriore porzione della semina si trova in un luogo apparentemente favorevole. La terra è buona, l'acqua è abbondante. Sembra non mancare nulla alla speranza umana di un buon raccolto. 
Accade che si rimanga affascinati dalla proposta di Gesù, dalla speranza evangelica e dall'amore annunciato. E se ne comincia anche a sperimentare la bellezza e il frutto. Poi la routine e la stanchezza lasciano prevalere la tentazione di rimettere in discussione tutto per tornare al prima. Come Israele incamminato verso la libertà che rimpiange l'Egitto. Come Giacomo e Giovanni in cammino verso la Croce che cercano i posti migliori nel Regno. Come Pietro, che dopo la Trasfigurazione, preferirebbe rimanere sul monte piuttosto che assumere la responsabilità di quanto sperimentato. Come Cleopa e l'altro discepolo, che ritornano a casa invece di affrontare la gloria della risurrezione, e quindi il rischio della conversione.
È più facile tornare schiavi che vivere la libertà, cedere alla logica del potere piuttosto che servire, rimanere fermi e comodi anziché sporcarsi le mani (e i piedi!) con la responsabilità di testimoniare. Fuggire, dolersi, tornare indietro, piangere e lamentarsi è comunque meno faticoso che vivere da risorti.

lunedì 20 giugno 2011

Il seme e i sassi dell'irrilevanza

E una parte del seme cadde anche tra i sassi. Poiché ci sono quelli che proprio non ti vogliono ascoltare, ma ancora più insidiosa la schiera di coloro che ti ascoltano, ti dicono anche di sì, ma poi lo dicono anche a tutti gli altri. È il luogo dell'irrilevanza! Tanto è tutto uguale. Tutto immutabile. Tutto scontatone già deciso. E spesso è davvero così.
Due situazioni rappresentano bene il morbo della irrilevanza. Quando in campagna elettorale qualche candidato mi chiede il voto, e allora per cortesia, o convenienza, si dice di sì a tutti. Anche perché si va facendo strada il sospetto che comunque vada né cambierà nulla, né si può scalfire un sistema ridotto a compromessi e convenienze discutibili.
Poi ci sono gli opinionisti alla TV, chiamati a discutere sul tutto e su niente, tanto per dire qualcosa. Tutti dicono di rispettare le idee di tutti. Senza mai provare a individuare un visione comune e condivisibile. Spesso senza rispettare le persone che esprimono le idee. Non ho vergogna di confessare che proprio non riesco a rispettare le idee di tutti. Invece  le persone, anche di idee diverse o contrarie alle mie, vorrei rispettarle sempre. Comunque la logica è più o meno questa: "Tu parla quanto ti pare, di' quello che vuoi!". Tanto per me è irrilevante, non ti prendo in considerazione, non cambia nulla in me dopo averti incontrato e ascoltato.
Così il mondo, secondo cui la fede è affare privato, irrilevante. Non importa in chi credi o in che cosa. Tanto è uguale! La vita è un'altra cosa. Una cosa seria. Una cosa vera. Molti cristiani ne sono convinti. Anche quelli "vicini alle sacristie". Forse anche qualche prete? Quando davanti a questioni essenziali, o addirittura davanti alla Parola di Dio, si dice: Tanto è uguale! Non è importante!
Peggio ancora quando andando a qualche incontro ecclesiale, partecipando al consiglio pastorale, oppure ad un convegno, ad un sinodo, e persino alla celebrazione eucaristica, poi siamo convinti, magari nel profondo del cuore che: "Tanto è uguale. Tutto rimane come prima. Non serve a niente".
E invece no! Non è uguale o inutile o irrilevante! Perché Dio ha deciso di scommettere anche su di me. Ha scelto le nostre comunità per abitare la storia. E Dio non sbaglia mai. Il suo amore per me, davvero, non è irrilevante.
(tratto da Dino Pirri, Dalla sacrestia a Gerico, ed Ave)

mercoledì 15 giugno 2011

Il seme e l'indifferenza della strada!

In quale terreno allora siamo chiamati a spargere a piene mani il seme che ci è stato affidato?
Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada. Sicuramente una parte delle nostre energie (di preti, catechisti, educatori, genitori) incontrerà l’indifferenza, proprio come il seme gettato sulla strada, completamente chiusa ad ogni feconda accoglienza. Molti adulti e giovani attribuiscono scarsa importanza alla fede religiosa, vivendo nell’incertezza e nel dubbio, senza sentire il bisogno di risolvere i loro interrogativi. E non voglio riferirmi soltanto all’indifferenza religiosa. L’indifferenza è la mancanza di domande in genere. Riguarda tutti! L’incapacità di porsi domande più ampie, oltre quelle che riguardano soltanto il ventre. È necessario “diventare come i bambini”, capaci di porre la questione sui perché più immediati e banali, fino a risalire a quelli profondi ed originali. 
Gli indifferenti sono i giovani che vivono alla giornata, affidando la loro sete di felicità e di libertà all’attimo da afferrare e all’emozione da deformare. Gli adulti che consumano senza cercare se stessi. Gli anziani che puoi anche celebrare l’eucaristia all’incontrario e in lingue incomprensibili: non importa. Tanto è uguale. Indifferenti alla vita della comunità civile. Indifferenti alla vita della comunità cristiana. Indifferenti anche nei giorni di festa, ormai tutti uguali, come le stagioni: tra letto, casa in disordine, centro commerciale e divano. Indifferenti ad ogni evangelica provocazione. 

In parrocchia il parroco mi dice, mi chiede, mi invita: arriviamo a questo battesimo o cresima, prima comunione o matrimonio, facciamo da padrino e madrina. Tanto non mi interessa nulla. Dio non mi serve! Il prete neanche. Verrebbe quasi da chiedere quel famoso fuoco dal cielo, che consumi tutti in una vampa. Lo chiesero anche gli Apostoli sperimentando i primi "fallimenti pastorali". Irritati, appunto, dall'indifferenza. Ma Gesù non volle. E neppure vorrebbe oggi.
E a pensarci bene neanche io vorrei una impietosa piaga sull'indifferenza del mondo. Poiché, indifferenti, sovente, siamo anche noi credenti. Me compreso! Indifferente: alla Parola, ai segni dei tempi, ai poveri, alle ingiustizie, alla vita reale, alla speranza che c’è in ogni persona. Quasi anestetizzato. Come in coma. Dormiente. Anche io tra coloro di cui Gesù disse: anche se un morto risuscitasse e andasse da loro, non crederebbero!
E allora basta con le etichette! E vai con la conversione! Personale.
(tratto da Dino Pirri, Dalla sacrestia a Gerico, ed Ave)

mercoledì 8 giugno 2011

Quando fai la comunione sorridi?

Domenica scorsa, mentre ero a Reggio Calabria, durante la Messa pensavo: ma perché i bambini che vengono a fare la comunione sorridono, mentre gli adulti oscillano tra il serioso e l'angosciante? La liturgia è vita! Coraggio!

venerdì 3 giugno 2011

Gesù Ben Sira, detto il Siracide

Un giorno mi sono imbattuto nelle parole di un grande autore del 180 a.C. e mi sono lasciato provocare. Un brano del libro del Siracide  (1,3-10) mi ha suggerito di pretendere meno e di gustare di più i doni ricevuti. Il Vangelo non lo si può ridurre ad una pastorale, né le persone possono essere incasellati dentro una statistica. E ogni tanto è bello lasciar fare un po' di più a Dio, e fidarsi di Lui.


Mentre si passeggia lungo la riva del mare, è possibile contare la sabbia? E come stabilire quante singole goccioline ci sono in una pioggia? Neppure si riesce a stabilire l'inizio dei giorni e del tempo, come pure fissare il termine ultimo e definitivo.
La saggezza e la ragionevolezza umana, attraverso cui passa la rivelazione di Dio ci mettono in guardia dalla pretesa di voler misurare e quantificare ogni cosa, come anche la tentazione di prevedere e pianificare tutto.
L'altezza del cielo, la distesa della terra e le profondità dell'abisso chi le potrà esplorare? (Siracide 1,3).
Non posso arrivare ovunque e non riesco a comprendere tutto. Né misurare. Né prevedere. È la prima certezza che dovrò ricordare quando vorrò avere a che fare con la vita vera, con le persone vere, uomini e donne come me. Eppure da sempre c'è un progetto nella storia e un senso in ogni evento. Mi precede, però. E non sono io a stabilirlo. Appartiene, invece, ad un Altro! 
Allora, per cogliere il succo della vita, dovrò ricordare che non basto a me stesso e non posso neppure salvare il mondo. Ma posso essere un mendicante che cammina cercando. Posso condividere ciò che ho ricevuto, anche se non posseggo nulla di esclusivamente mio.
E anche questo devo tenere in mente: Uno solo è sapiente... ha creato la Sapienza, l'ha vista e l'ha misurata, l'ha diffusa su tutte le sue opere, su ogni mortale, secondo la sua generosità, l'ha elargita a quanti lo amano (Siracide 1,6-8). 
La nostra vocazione è di ricevere il dono e non esserne i padroni. Divenire, della Sapienza, cioè del senso di ogni cosa creata, i custodi e non i censori. E questa è la seconda certezza!
(tratto da Dino Pirri, Dalla sacrestia a Gerico, ed Ave)