AVVISO Iai NAVIGANTI

A breve il blog sarà trasferito su www.appuntidiunpellegrino.it

sabato 26 novembre 2011

Oggi comincia l'Avvento!

Oggi comincia l'Avvento! Così esordiranno in tutta Italia tanti parroci e tantissimi catechisti. "Il prete si veste di viola, ci stiamo preparando al Natale, tra quattro settimane nasce Gesù!". Solo che il prete non lo vedono quasi mai alla domenica i nostri ragazzi e il colore viola non dice più nulla a nessuno (perché si usa il viola poi?). Al Natale si stanno preparando tutti da molto più tempo, secondo i ritmi commerciali e le cadenze pubblicitari (e poi a quale Natale ci si prepara?). E poi Gesù è nato 2000 anni fa, lo hanno detto anche a scuola, e non nascerà più tra quattro settimane. È già nato! Catechista Gesù è già nato! Una volta per tutte.
Poi mi dicono anche che comincia un nuovo anno. Ma quando comincia l'anno nuovo? Il 1° gennaio a casa, a settembre a scuola, a ottobre al catechismo...
Oggi comincia l'Avvento! Cioè la celebrazione del tempo che è abitato da Dio, non come sovrano capriccioso, ma come Colui che mi viene incontro! Uno che si interessa di me! Uno a cui sto a cuore! Uno di cui ho bisogno. La mia felicità, la mia sazietà, la pienezza, la perla preziosa, il tesoro nascosto, la mia salvezza, la dolcezza, la verità, la bellezza, il coraggio, la forza, la speranza, la carità, il dono, la misericordia, la vita. Di cui ho bisogno! L'Avvento è il riconoscimento del mio bisogno di vita e l'attesa fiduciosa di colui che viene sostenere e a compiere la mia umanità. L'ascolto di una promessa e l'accoglienza della sua piena realizzazione. Oggi comincia l'Avvento! E il rischio è quello di pensare che siano sempre gli altri ad avere bisogno di qualcosa. E io l'unico ad avere le risposte risolutorie. Il rischio di trasformare tutto in una favola romantica, poiché presumo di non aver bisogno di nulla. La tristezza di non attendere più nessuno.
Oggi comincia l'Avvento! Ho bisogno di te! Vieni, Signore Gesù!

mercoledì 23 novembre 2011

La fine del mondo è oggi!

Dopo che Gesù aveva annunciato l'avvento di tempi e cieli nuovi, i suoi amici si fanno prendere dalla curiosità e gli chiedono: "Di' a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo" (Mt 24,3).
Il segno, ci spiega il Maestro, non sono cataclismi e terremoti. Non saranno visioni dal cielo. Il segno è ben evidente sulla terra: sono "i fratelli più piccoli di Gesù" (cfr. Mt 25, 31-46). Infatti quel giudizio, che sospettiamo lontano, avviene oggi. E corrisponde al giudizio che noi pronunciamo sui "fratelli più piccoli di Gesù", cioè su quelli che hanno fame e sete, sugli stranieri, su chi è nudo, chi è malato o in carcere. Saremo giudicati sull'amore. Non su le cose che avremmo fatto, o sulle teorie che avremo applicato, o sui discorsi pronunciati, o sulle preghiere imparate e dette. L'amore sarà l'unica misura del Regno. Grammatica della vita. Cifra della salvezza.
L'amore che contempliamo nel Signore Gesù, povero e deriso, estraneo a tutti e condannato, legato e percosso, nudo e ferito, emarginato  e crocifisso, come i suoi "fratelli più piccoli". 

lunedì 14 novembre 2011

«Ecco! Arriva uno a realizzare i tuoi desideri: è quel tale Mohamed, che sta sempre davanti alla mensa della Caritas, va a raccogliere i pomodori quando è stagione, e viene da Douz, in Tunisia»

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento".
Nei giorni in cui Giovanni Battista grida nel deserto il suo desiderio di giustizia e liberazione, annunciando che deve venire un tale a realizzare ogni attesa, tutti si aspettavano il ritorno di Davide, come di un grande re che finalmente cominciasse ad usare il potere “a fin di bene”. Oppure un nuovo Melchisedek, sacerdote, autentico mediatore tra Dio e il mondo, potente e autorevole, dedito al vero culto. Oppure l’avvento di un profeta, ancora più grande di Elia, che finalmente potesse chiaramente rivelare la volontà di Dio, mettendo fine ad ogni dubbio di conoscenza e ad ogni resistenza della libertà. Insomma ognuno se lo immaginava secondo le proprie aspettative, i propri desideri, le proprie illusioni. Riassumo tutto questo fermento in una domanda: chi è Dio per me? Ma dobbiamo essere capaci di sgomberare la mente ed il cuore da tutto quello che sappiamo di Gesù e di Dio, poiché non arriva né un re, né un sacerdote, né un profeta. O almeno non come ce li saremmo immaginati noi.
Sulle rive del fiume Giordano ci sono solo peccatori come noi. In mezzo a loro c’è un tale che non attira neppure il nostro sguardo e non suscita attenzione. Quel tale, in mezzo ai peccatori, con un nome comunissimo (chiamarsi Gesù era come chiamarsi Mario Rossi!), con un lavoro poco remunerativo e socialmente squalificante (cfr. Mc 6,3), proveniente da una città sconosciuta, dove non è mai successo nulla di buono (cfr. Gv 1,46). E come se non bastasse viene dalla Galilea, terra squalificata socialmente e religiosamente.
Come se ci dicessero: «Ecco! Arriva uno a realizzare i tuoi desideri: è quel tale Mohamed, che sta sempre davanti alla mensa della Caritas, va a raccogliere i pomodori quando è stagione, e viene da Douz, in Tunisia». Ma Dio non poteva scegliersi un immagine migliore? Non poteva apparire più credibile?
Eppure aveva cantato Isaia: «Ecco, il Signore viene con potenza» (Is 40,9). La potenza di Dio è la sua scandalosa e ordinaria solidarietà con i peccatori. In questo consiste il suo amore. Queste sono le regole dell’incarnazione: abbassarsi fino ad immergersi nell’umanità più infima e difettosa, e fino alle profondità del peccato e della morte. L’apostolo Paolo svela il contenuto di questa "potenza": «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2Cor 5,21); oppure «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno» (Gal 3,13).
«La contemplazione di Gesù in fila coi peccatori, che si immerge nell’acqua, ha il potere di svelenarci dalla menzogna del serpente; ci corregge dalla falsa immagine di un Dio onnipotente, giudice tremendo, e ci presenta la potenza di un amore che si spoglia di tutto e si fa servo, portando su di sé il peso del nostro male. L’incontro con lui avviene dove pensiamo che lui sia massimamente assente: nella nostra parte negativa, nella nostra e nella sua debolezza. Se la sua potenza ci ha creati, la sua impotenza ci ha salvati» (Silvano Fausti).
La risposta ad ogni desiderio sta nello squalificato quotidiano, piuttosto che nei grandi eventi. Abita i margini delle periferie, e non principalmente i “centri pastorali” e le sale per convegni. Si può riconoscere nelle ferite causate dal peccato, e certamente non nei deliri di onnipotenza e nelle pretese di innocenza.

Che Dio strano è mai questo? Chi è veramente questo tale Gesù da Nazareth? Perché me ne parlano sempre come qualcosa di vecchio, scontato e accomodante? A me sembra straordinariamente nuovo e sovvertitore. Vorrei conoscerlo meglio. Anche perché non si vergogna della mia compagnia, e sembra voler stare con me.

venerdì 11 novembre 2011

Ai preti, catechisti, insegnanti, genitori ed educatori che sanno tutto ma non riescono a vedere niente

Margherita si perse in immagini dimenticate di boschi e foreste, in cui sepolta dalla vegetazione si nascondeva ogni minaccia: lupi, orchi e streghe, ruderi, catapecchie e stamberghe... Si immerse in quei pensieri selvatici. Chiunque l'avrebbe interpretata come la solita incapacità di concentrarsi dei quattordici anni, e invece era proprio il contrario. Era ciò su cui il cuore era concentrato che le rubava l'attenzione dalle distrazioni provocate dallo studio. Le distrazioni, quelle tradite da occhi persi nel nulla, sono in realtà le vere attenzioni, e quegli occhi che sembrano non guardare niente. In realtà vedono tutto.
(Alessandro D'Avenia, Cose che nessuno sa, Mondadori 2011)

mercoledì 9 novembre 2011

Giovanni che gridava il Desiderio

Come sta scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
vi fu Giovanni, che battezzava nel de-serto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Geru-salemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Giovanni che battezzava nel deserto è una Voce. Una Voce che grida i suoi desideri: desideri di giustizia e di libertà.
Non la giustizia umana, sempre imperfetta, ma una giustizia qualitativamente nuova, e capace di colmare l'abisso tra me e Dio, tra la mia vita e il suo senso, ma anche tra l'ideale e il reale, tra i progetti e la loro realizzazione, tra quello che sono e chi vorrei diventare. Questa è la sproporzione ingiusta che desidero colmare. Presto. Subito.
E poi la libertà. Non di fare quello che mi pare ma di essere quello me stesso. Non la soddisfazione di ogni capriccio ma la possibilità di dare pienezza ai giorni. Non l'arbitrio di decidere come e quando voglio, ma l'arte di rintracciare nel quotidiano i segni di verità, di bontà e di bellezza. Non l'eliminazione di ogni vincolo, legame e dipendenza, ma la lucidità per conservare quelle che mi aiutano ma crescere.
Giovanni che battezzava nel deserto dice, come una Voce, che verrà un tale che può realizzare i suoi e i miei desideri. I desideri di ogni uomo e di ogni donna. Uno che viene a riempire i vuoti e a raddrizzare le strade tortuose. E non lo dice con le parole, ma con tutta la sua vita.
Vivere nel deserto dice la disponibilità ad intraprendere un cammino fino in fondo. Il suo look originale e la sua insolita dieta dicono una totale novità e una logica sorprendente a cui affidare la propria vita. Il suo battezzare dice che è necessario cambiare mentalità: parole nuove cioè comprensibili, occhi nuovi cioè limpidi, gesti nuovi cioè coerenti, orecchi nuovi cioè disposti all'ascolto.

Come vorrei incontrare questa novità che risponde ai miei desideri profondi e veri. Come vorrei che la mia vita sia un atto coerente di amore, come quello di Giovanni, che battezzava nel deserto.