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lunedì 28 maggio 2012

È lo Spirito Santo!

Mi ha chiesto con una semplicità disincantata: "Che si fa a Pentecoste?". Non so perché volesse fare qualcosa anche lei, indagare sulle mie abitudini o sottolineare quanto quella domenica, di Pentecoste, appunto, si riducesse, nella maggior parte delle comunità cristiane, a una domenica come tutte le altre. Una non-festa soffocata da routine, prime comunioni, cresime, feste patronali, prime tintarelle...
Che si fa a Pentecoste? Quest'anno ho attraversato l'Italia centrale. Da casa: Imola-Pistoia-Vallombrosa e poi per Arezzo-Perugia-Norcia ancora a casa. Ma riguardo alla Pentecoste, nulla. Messa a parte.
Poi un libro che mi sta accompagnando in questi giorni:
Ma la donna disse che gran parte della gente sogna di ricominciare da capo, e aggiunse che in questo c'era qualcosa di commovente, non di pazzo. Disse che in realtà quasi nessuno, poi, ricomincia da capo davvero, ma non si ha idea di quanto la gente passi a fantasticare di farlo, e spesso proprio mentre è nel mezzo dei suoi guai, e della vita che vorrebbe lasciar perdere. (A. Baricco, Tre volte all'alba, Feltrinelli)
Ecco! A Pentecoste desideravo molto, non ho fatto niente! Ho subito la velocità delle notizie sulle contraddizioni degli uomini di Chiesa, oltre a quelle che già conosco per esperienza. Perché anche io sono uomo di Chiesa, in quanto battezzato; e portatore di contraddizione in essa, in quanto peccatore.
Mi sono sentito chiuso in un buio assordante: come Pietro perso tra entusiasmo e incoerenza, Andrea e Giacomo che cercavano il potere, Filippo che non aveva capito nulla, Tommaso che rimane incredulo, Giovanni che non dice mai nulla. E tutti gli altri. Fino ai miei giorni. Fino alla Chiesa in cui vivo.
A Pentecoste, come loro e come tutti, non si è fatto nulla. Tranne desiderare ogni genere di cambiamento impossibile. Tranne un proposito irrealizzabile di conversione. Un desiderio deludente di santità.
Poi, nella celebrazione dell'eucaristia, dentro il cenacolo delle contraddizioni, delle paure, dei fallimenti, dello sfinimento, della delusione: un vento forte che scompiglia tutte le logiche, un tuono che ci sveglia da ogni torpore, un fuoco che purifica ogni sozzura. Lo Spirito Santo che raddrizza ogni stortura e sana tutte le ferite.
Non dovevamo fare nulla! Solo lasciarci "fare" dal Signore. E oggi, misteriosamente, con entusiasmo a dirlo a tutti: il desiderio è stato baciato dalla realtà; il peccato non ci ha impedito di gioire; la paura non ci ha negato di essere "nuovi".
Pensavo di non aver fatto nulla. Invece è cambiato tutto.
Come è possibile tutto questo? È lo Spirito Santo!

mercoledì 23 maggio 2012

Martiri. Cioè, Testimoni

Nel giorno in cui abbiamo celebrato la memoria di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Francesca Morvillo, voglio ricordare anche i nomi di Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Tutti i servitori dello Stato che compiono ogni giorno il loro dovere. E anche i miei fratelli preti Pino Puglisi e Giuseppe Diana.
Spero che insieme a tanti amici e amiche, con cui oggi abbiamo invocato i valori della Legalità, della Giustizia, della Perseveranza, a partire da ora cominciamo, noi per primi, a rispettare le regole (anche banali) del vivere civile, la cura dei deboli, il coraggio della testimonianza.
E con quanti condividono con me il dono della fede in Gesù e la pienezza del Vangelo, mi piace ricordare le parole del grande Vescovo Tonino Bello, come augurio. Come impegno. Come responsabilità. 
Si direbbe che oggi, nei grandi "magazzini" della fede cristiana puoi trovare di tutto: teologi, studiosi della religione, biblisti, operatori pastorali, predicatori, liturgisti, tecnici della catechesi... Ma se chiedi un "martire", metti in crisi tutta l'azienda, e obbligherai i proprietari a rovistare l'intero deposito per trovare qualche scampolo di questa "merce" oggi decisamente fuori moda.
Martiri. Cioè, testimoni. Cioè, persone che si vendono l'anima per annunciare con la vita che Gesù è il Signore, ed è l'unico. Gente disposta a legare la zattera della propria esistenza, invece che agli ormeggi rassicuranti del denaro e del potere, a una tavoletta fluttuante che ha lo spessore del Vangelo e la forma di una croce.

(don Tonino Bello, Vescovo - 9 settembre 1984)

martedì 22 maggio 2012

#OL3 e il sorriso di Beatrice


Dobbiamo uscire dalle nostre paure e intrigare ogni uomo con il vangelo, essendo innanzitutto noi, uomini veri, uomini felici!
 Ecco! Questo è in bellissimo tweet che va !


Non so come e non si sa perché. Il fatto è che il 28 aprile scrivo uno dei tanti pensieri che ti frullano nella testa e finiscono digitati nel web. Anzi, "cinguettati" (cfr. Tweetter). Non so come mi è scivolato dalle dita allo smartphone. Soprattutto non so come Beatrice abbia potuto leggerlo. Per la verità non sapevo neppure chi fosse Beatrice (a parte il sorriso fantastico) che sigilla il mio pensiero veloce come #OL3. E che vuol dire #OL3? Dopo una ventina di minuti di anagrammi e sudoku, lo chiedo a lei. Che vuol dire #OL3? Vuol dire OL(TRE)!
E ho cominciato a seguire l'onda dei miei pensieri, di Beatrice e dei suoi amici che cammin facendo ho incrociato sulla "rete".
Poi l'invito ad un incontro. Qualche clericale sospetto. Una telefonata in cui ho potuto dare voce al sorriso di Beatrice. La solita esegesi dell'agenda sempre troppo scarabocchiata. E la curiosità. Quella più laica, che clericale.
Questa sera sono uscito dall'incontro in cui ho avuto l'immediata sensazione che pensieri e parole (ci ho scritto pure un libro!) che avevo dentro, trovavano voce in altri cuori e in tante storie.
Ed erano giorni che mi andavo interrogando su alcune questioni a cui, anche stasera, Gesù ha dato risposta. Non mi ha detto quello che devo fare. Non lo dice quasi mai. Mi ha risposto. Chi è OL3 forse comprende la sottile differenza.
Torno a casa, pieno di gioia. E sulla Cristoforo Colombo quasi esulto per due cose belle.
Bello il fatto che a voler vivere il vangelo, senza pretendere di insegnare nulla a nessuno, qualcuno ancora c'è! Che cristiani felici, appassionati... che ci mettono la faccia ci sono! Che davvero il Regno è qui e ora.
Bello il fatto che quando al centro c'è il Vangelo di Gesù si è in comunione, nonostante le appartenenze, le interpretazioni, le concezioni. E quando nella Chiesa siamo divisi e ci guardiamo con sospetto, non è perché alcuni hanno ragione e altri no. Ma perché siamo tutti segnati da incoerenza e peccato. E facciamo fatica a guardare, andare, osare, sognare, seminare, sperare.... OL3.


sabato 19 maggio 2012

La bomba di Brindisi!

Hanno fatto esplodere una bomba davanti a una scuola di Brindisi. E comincia, prima delle agenzie stampa e prima ancora dell'avvio delle indagini, la rassegna dei luoghi comuni e della retorica. Tanto per avere l'illusione di partecipare virtualmente ad un evento, che siamo tutti contenti di non aver vissuto direttamente. Ovvia la condanna della violenza, ovvia la partecipazione al dolore delle vittime, ovvia l'indignazione, purtroppo ovvie anche le parole violente che gridano vendetta contro i violenti. 
Siamo già al dopo! Ma non siamo capaci di leggere oltre. Invece io voglio fermarmi davanti alle vittime di oggi. E nella ricerca di un intimo colloquio con la loro generazione, sento scaturire domande, a cui, per ora, non so dare risposta. 
Se abbiamo donato loro la passione per la vita, che tragicamente oggi si è spezzata, oppure con parole e opere abbiamo insegnato noia, rassegnazione, tiepida sonnolenza. Se il profondo senso di ingiustizia che oggi ci trafigge l'anima è stato l'anima delle nostre scelte quotidiane, in campo sociale, economico, mediatico, culturale. 
Se con la stessa smania con la quale vorremmo individuare i colpevoli di tale atrocità, ci sentiamo responsabili gli uni degli altri, soprattutto dei più deboli, dei più soli, dei più difficili. 
Se non abbiamo potuto fare nulla per difendere la loro vita, abbiamo almeno tentato ogni strada per salvare la loro anima da questa cultura mortifera, che inculca l'apparenza come principio, la violenza come strumento, l'idiozia come norma, la produttività come sommo bene, l'individualismo come struttura, la demenza come necessità. Se noi credenti, e io prete soprattutto, siamo credibili testimoni della novità alternativa e della felicità possibile che il Vangelo offre al mondo. 
Se saremmo capaci di alzarci in piedi, oltre le ideologie e le retoriche, oltre l'interesse proprio, oltre l'apparente inefficacia delle passioni belle, oltre le facili soluzioni e la comoda rassegnazione. 
Mi chiedo, infine, se il volto di Melissa, sarà la pietra sepolcrale di una civiltà finita, oppure lo sguardo coraggioso sul futuro di cui siamo tutti debitori, nei loro confronti. E verso tutti i giovani e le ragazze, che mentre vanno a scuola la mattina, sono ancora capaci di sognare.

venerdì 18 maggio 2012

Il Sole splende sempre

In qual modo può, un'anima imperfetta quanto la mia, aspirare a possedere la pienezza dell'Amore? Gesù, mio primo, mio solo Amico, tu che amo unicamente, dimmi, quale mistero è questo? Perché non riservi queste aspirazioni immense alle anime grandi, alle aquile che roteano altissime?
Io mi considero come un uccellino debole, coperto di un po' di piuma lieve; non sono un'aquila, ho dell'aquila soltanto gli occhi e il cuore perché, nonostante la mia piccolezza estrema, oso fissare il Sole divino, il Sole dell'Amore, e il mio cuore prova tutte le aspirazioni dell'aquila...
L’uccellino vorrebbe volare verso quel Sole che affascina gli occhi, vorrebbe imitare le aquile, sue sorelle che vede elevarsi fino alla divina dimora della santissima Trinità... Ahimè! Tutto quello che può fare, è sollevare le sue alucce, ma volar via, questo non è nelle sue piccole possibilità.
Che ne sarà di lui? Morirà di dolore vedendosi così impotente? No! L’uccellino non se ne affliggerà nemmeno. Con un abbandono audace vuol fissare ancora il suo Sole divino: niente gli fa paura, né vento, né pioggia, e se le nuvole pesanti nascondono l'Astro d'amore, l'uccellino non cambia posto, sa che di là dalle nubi il Sole splende sempre, che la sua luce non si offuscherà nemmeno per un attimo.
(Teresa di Lisieux, Storia di un'anima) 

sabato 12 maggio 2012

Il mondo vi odia!

Una volta un tale ebbe a dire che il contrario dell'amore non è l'odio, ma l'indifferenza. Me lo sono ricordato ascoltando queste parole ruvide di Gesù: Il mondo vi odia! "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me" (Gv 15,18-21). 
 Accogliendo queste parole con superficialità e comodità saremmo portati a pensare che gli altri sono cattivi, perché ci odiano. E noi dobbiamo difenderci. E se non riusciamo nell'impresa: non ti curar di loro... A me questa interpretazione non convince. Perché contraddice la vita di Gesù. Le sue parole, le sue scelte, le sue logiche e il suo cuore. Lontano anche dal suo modo di parlare per paradossi. Come quando invitando a "perdere la vita" non vuole istigare al suicidio! 
Il mondo ci odia, dice Gesù, odia il vangelo e i suoi discepoli, dice Gesù. Nel senso che logiche e i obiettivi non coincidono. C'è un salto da compiere, tale e quale una risurrezione. Come due note discordanti che ti mettono in crisi l'udito. Come parole nuove che ti sbilanciano l'esistenza. Come una felicità che andavi cercando per convenzione, e negandone l'effettiva esistenza, che nei fatti e all'improvviso ti abbraccia, esistente. 
Quando invece viviamo un cristianesimo rattoppato, diluito nella banalità e nell'inconsistenza del mondo, conniventi e sonnolenti di fronte al male, e soprattutto vuoto di gioia, non vi è differenza tra noi il mondo. E allora non sono gli altri cattivi, ma noi omologati e vuoti. E il mondo non ci odia più, ma ci guarda indifferente. 
 Mi viene in mente il Cyrano di Francesco Guccini: "spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato". Anche questo, un paradosso per dire: profezia. Cioè una logica diversa, una vita nuova, una gioia vera e una felicità possibile.

mercoledì 9 maggio 2012

9 maggio 1978: Ricordiamo e impariamo

«Ora dobbiamo percorrere una lunga e difficile strada: dobbiamo appunto ricostruire. Cominciamo di qui. Rimettiamoci tutti a fare con semplicità il nostro dovere, senza nulla perdere dei valori che in ogni opera fatta dagli uomini e per gli uomini si ritrovano, così possiamo servire veramente la Patria che soffre.
Chi ha da studiare, studi. Chi ha da insegnare, insegni. Chi ha da lavorare, lavori. Chi ha da combattere, combatta. Chi ha da fare delle politica attiva, la faccia, con la stessa semplicità di cuore con la quale si fa ogni lavoro quotidiano.
Madri e padri attendano ad educare i loro figlioli. E nessuno pretenda di fare più o meglio di questo. Perché questo è veramente amare la Patria e l'umanita».
Aldo Moro, 1944
da Scritti e discorsi, vol. 1, 1940-1947, Edizioni Cinque Lune, Roma 1982

martedì 8 maggio 2012

100 secondi con Dino Pirri

di Silvia Del Gran Mastro


Una riflessione profonda, ma soprattutto umana, dell’essere cristiani oggi. Ma anche un’analisi “politically correct” delle debolezze della Chiesa in questi anni di feroce crisi. A farle è chi da anni indossa un abito talare e il prefisso “don” davanti al nome.
Dino Pirri, dal 1998 è prete nella nostra Diocesi e, dopo essere stato parroco e assistente diocesano dell’Acr e dell’Agesci, è attualmente assistente ecclesiastico nazionale dell’Azione cattolica dei ragazzi ed è membro, in Diocesi, del consiglio presbiterale e direttore dell’ufficio catechistico, che coordina anche a livello regionale.
Alla sua comunità parla sia sull’altare che dalla rete, attraverso il suo blog Appunti di un pellegrino. Attivissimo sui social network, durante il periodo della Quaresima ha sperimentato, con successo, le twitter-omelie, e cioè le omelie da 140 caratteri pubblicate sul noto social network.
Qualche settimana fa è stato dato alle stampe il suo libro Dalla sacrestia a Gerico, verso la nuova evangelizzazione, (edizioni Ave) in cui l’autore, partendo dalla sua esperienza personale, si interroga sulla crisi della nostra pastorale per individuare percorsi nuovi per superarla, mettendosi costantemente in discussione, tanto da affermare: «Oggi ho la certezza che non sia l’aridità del terreno, ma la mia incapacità di riconoscerlo fecondo, il solo peccato. O, almeno, il peccato più grave».
Abbiamo incontrato don Dino per parlare del suo libro e dunque della Chiesa, non risparmiandogli domande un po’ scomode…

sabato 5 maggio 2012

Chi salverà la società?

Il 29 aprile è stato proclamato beato GIUSEPPE TONIOLO, marito e padre, economista e cristiano.
Così lo ha ricordato papa Benedetto XVI in piazza San Pietro:
Vissuto tra il XIX e il XX secolo, fu sposo e padre di sette figli, professore universitario ed educatore dei giovani, economista e sociologo, appassionato servitore della comunione nella Chiesa. Attuò gli insegnamenti dell’Enciclica Rerum novarum del Papa Leone XIII; promosse l’Azione Cattolica, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, le Settimane Sociali dei cattolici italiani e un Istituto di diritto internazionale della pace. Il suo messaggio è di grande attualità, specialmente in questo tempo: il Beato Toniolo indica la via del primato della persona umana e della solidarietà. Egli scriveva: «Al di sopra degli stessi legittimi beni ed interessi delle singole nazioni e degli Stati, vi è una nota inscindibile che tutti li coordina ad unità, vale a dire il dovere della solidarietà umana».
A me piace ricordare queste sue parole profetiche:
Noi credenti sentiamo, nel fondo dell'anima, che chi salverà davvero la società, non sarà un eroe o un uomo intelligentissimo, ma un santo, anzi una società di santi.

mercoledì 2 maggio 2012

Quattordici anni da prete

Alla fine di una giornata rilassante e intensa insieme. Iniziata con la celebrazione dell'eucaristia e conclusa con una cena a casa con le persone care. Sono solo davanti a te, Signore.
Quattordici anni da prete non sono occasione di compiacimento, ma di gratitudine. Per l'immeritato ricevuto e l'insperato conquistato.
Grazie, Signore, perché mi tieni per mano e mi accompagni ogni giorno.
Grazie per i brividi che ancora oggi ho quando celebro la messa. 
Grazie per lo stupore che mi invade quando mi accorgo che ti servi di me (e questo è un grande mistero!) per abbracciare gli altri.
Grazie per i testimoni della fede che hanno reso vivo il Vangelo nella mia esistenza.
Grazie per le persone che incontro ogni giorno. Perché mi hai insegnato ad amare tutti, senza giudicare nessuno. E anche se non ci riesco sempre. Grazie.
Grazie per il dono della comunità che è la Chiesa, di cui non nascondo contraddizioni e sozzure, ma neppure finirò mai di contemplare la santità e la bellezza. Soprattutto la necessità di camminare insieme a fratelli e sorelle, non peggiori di me.
Grazie perché mi chiedi di essere servo. 
Grazie perché mi insegni ad essere pellegrino. 
Grazie perché mi hai donato già il centuplo su questa terra, oltre alla promessa del tuo Regno.
Grazie perché non sono mai solo.
Grazie perché non devo nascondere la mia debolezza.
Grazie perché nell'essere prete ho trovato la mia felicità.
Grazie perché, nonostante il mio limite, non ti vergogni di me. E sempre mi sei amico.